di Denise Amerini – Digiuno a staffetta, campagna “Madri fuori”, manifestazione nazionale il 31 maggio.
Il governo, con un atto assolutamente antidemocratico, ha sottratto alla discussione parlamentare il disegno di legge sicurezza, convertito in decreto legge, senza che ricorressero i presupposti di necessità e urgenza, indispensabili a motivare una tale decisione.
Il decreto legge è entrato in vigore il 12 aprile scorso, e, nonostante quanto affermato dalla maggioranza di governo, non recepisce i rilievi che erano stati mossi da molti esponenti del mondo accademico, della magistratura, della società civile, anche dal Quirinale, né, ovviamente, nessuno dei numerosissimi emendamenti presentati in Parlamento. Presenta evidenti profili di incostituzionalità, oltre a contenuti che si inseriscono a pieno titolo nel percorso giustizialista, panpenalista, populista, che ha caratterizzato tutti i provvedimenti del governo. Continua a declinare la sicurezza solo in termini securitari, mai sociali, evocando paure finalizzate a raccogliere facili ed immediati consensi. Un provvedimento del tutto illiberale.
Persino l’Onu si è pronunciato in tal senso, del tutto inascoltata. Gli esperti di diritti umani delle Nazioni Unite ne hanno chiesto il ritiro, “preoccupati dal modo in cui il governo ha trasformato un disegno di legge in decreto legge, e da come quest’ultimo è stato frettolosamente approvato dal Consiglio dei ministri, aggirando così la discussione parlamentare e il dibattito pubblico”. Già nel dicembre del 2024 l’Onu spiegava piuttosto chiaramente che, se l’allora ddl “sicurezza” fosse stato approvato così com’era, la legislazione italiana non sarebbe più stata coerente con gli obblighi sottoscritti dal nostro Paese in materia di diritti umani.
Nel percorso di mobilitazione attivato fin dalla presentazione del disegno di legge, proseguito con ulteriore forza dopo la pubblicazione del dl in Gazzetta Ufficiale, si inserisce il digiuno a staffetta, che dal 29 aprile prosegue fino al 30 maggio, vigilia della manifestazione nazionale a Roma, iniziativa promossa dalla Cgil insieme a A Buon Diritto, Acli, Antigone, Cnca, Forum Droghe, L’Altro Diritto, La Società della Ragione e Ristretti Orizzonti, con un appello per una grande azione collettiva.
Accogliendo l’invito di don Ciotti a digiunare contro le leggi ingiuste, e raccogliendo l’iniziativa lanciata da Franco Corleone, le organizzazioni promotrici intendono denunciare l’approvazione di un provvedimento che limita gravemente lo spazio civico, criminalizza il dissenso pacifico e mette a rischio i diritti fondamentali di cittadine e cittadini. Al digiuno è possibile aderire tramite il link: https://bit.ly/no-dl-sicurezza-digiuno-a-staffetta. Contatti per adesioni e informazioni: campagne.sociali.2025@gmail.com .
Al contempo prosegue la campagna “Madri fuori”, di cui già in queste pagine abbiamo parlato, promossa fin dal 2023 dalla Società della Ragione. In occasione della festa della mamma (11 maggio) sono state organizzate iniziative in varie città (www.societadellaragione.it), per continuare con forza a denunciare i contenuti profondamente discriminatori nei confronti delle donne autrici di reato o presunte tali.
Anche in questo caso, nonostante quanto si vuol far credere, il decreto non accoglie nessuno dei rilievi presentati. Anzi, per quanto riguarda l’articolo 15, che prevede la soppressione dell’obbligo al differimento della pena per le donne incinta o madri di bambinə fino a un anno di età, già previsto dal codice Rocco, arriva a peggiorare persino quello. Le donne non verranno recluse in carcere ma negli Icam, istituti a custodia attenuata per madri, istituti di reclusione a tutti gli effetti, carceri camuffati, abbelliti. I bambini continueranno a vivere in ambienti separati, in istituzioni totali.
In Italia sono presenti quattro Icam, tutti al nord, e questo inoltre fa sì che si contravvenga al principio della territorialità della pena: costringerà le donne in luoghi lontani dalla residenza, privandole del rapporto con i familiari, che dovranno affrontare viaggi lunghi e costosi, se potranno permetterselo, per poterle incontrare.
Ma c’è di più: è stata inserita la possibilità di sottrarre il figlio alla madre nel caso di proteste, di qualsiasi tipo, o di qualsiasi conflitto con la custodia, prevedendone l’affidamento ai servizi sociali. Usare la sottrazione dei figli come arma disciplinare è un atto feroce, oltre che sessista. E’ una norma – come si legge nel comunicato che promuove le iniziative dell’11 maggio – che aggiunge l’autoritarismo e la violenza patriarcale a quella che affligge tutti i ristretti, punendoli con pene aggiuntive, fino ad otto anni di carcere, per proteste anche non violente.
Non ci fermeremo: la mobilitazione continua, fino alla manifestazione nazionale del 31 maggio, data in cui il dl dovrebbe diventare legge, chiedendone il ritiro. Pronti a proseguire in tutte le sedi, anche sovranazionali, per il rispetto dei principi costituzionali, della democrazia, dei diritti di tutti e tutte









